giovedì 1 ottobre 2009

Popolo qui e popolo là, il cittadino dove sta?

" Il popolo è con me", " il popolo italiano sa", "il popolo sapra giudicare", " il popolo italiano non si lascerà ingannare"; sentiamo costantemente dal coro politico, persino nel Fini neo-lib(residuato Msi?) usare il termine popolo. Termine che trovo, al di fuori di romanticismi sconfitti dalla storia stessa, dovremmo temere e tenere alla larga. Il popolo come mente collettiva indistinta violenta o bonaria, euforica e vociante, capace dei drammi del terrore e inconsapevole delle sue azioni, appartiene a un mondo arcaico e se non scomparso in via d'estinzione. Voglio contrapporre al Popolo da feudo e Ancien Regime, da rivoluzione russa e da campagna siciliana fin de siecle, il cittadino consapevole del suo essere innanzitutto Individuo con idee e libertà e valori personali e non massificabili, che si pone, singolo tra singoli, al fine di creare un regolamento comune agli altri per meglio poter godere delle sue libertà. Cittadino che crede nella ciutas come comunità di Leggi e non di Valori, come comunità che è un accordo tra voci e non un unica voce solista, come luogo d'inclusione e non d'esclusione. Tuttavia perdiamo sempre più il termine cittadino, che primo fu dei greci che lo contrapponevano al suddito (così antica la contrapposizione popolo cittadinanza) , per un vile imbarbarimento demagogico della politica che nel nostro paese si getta verso un arcaica visione del mondo che ci rende i talebani d'Europa.

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